TRIBUNALE DI CATANIA Sezione del giudice per le indagini preliminari Il GIP, dott.ssa Anna Maria Cristaldi, nel procedimento n. 8374/22 RGNR, a carico di Giarrusso Mario Michele in ordine al reato p. e p. dall'art. 595, commi I, II e III c.p. perche' nel corso di un'intervista rilasciata il 27 maggio 2020 al programma televisivo denominato «Voxitaliatv», condotto dal giornalista Francesco Toscano e pubblicata nel web tramite il canale «Youtube», avrebbe espresso, tra le altre, le seguenti considerazioni: « ... omissis ... Quindi che cosa succede, appena Bonafede gli altri mettono il sedere sulla poltrona ministeriale avviene una trasformazione del movimento in un movimento conservatore dello status quo quindi Di Matteo per carita' potrebbe disturbare gli interessi gli equilibri quindi cominciano gli equilibrismi bisogna avere la giacca sempre inappuntabile, la cravatta con nodo fatto bene, non bisogna dire una parola di troppo non parliamo di una parolaccia, un insulto Di Matteo e' un insulto a tutti i traditori che sono dentro lo Stato, metterlo al DAP, perche' ricordiamo la trattativa STATO - MAFIA del 92 passa dritto per le carceri. Attenzione perche' le bombe del 93, del 92 sono bombe che sono state messe per coprire una trattativa che puntava ad un alleggerimento della situazione carceraria dei detenuti per mafia, quindi mettere Di Matteo al DAP voleva dire consentire, da un lato, ulteriori investigazioni, perche' non ci dobbiamo dimenticare che dal DAP proviene un corpo specializzato, perche' all'interno della polizia penitenziaria c'e' un nucleo ancor piu' specializzato che e' il GOM che indaga nelle carceri. Quindi, da un lato, avrebbe potuto continuare il lavoro sulla trattativa dal DAP, dall'altro, avrebbe sicuramente, sicuramente bloccato qualunque tentativo di ulteriore trattativa fausta alla mafia. Qualcuno non ha voluto, ha fatto di peggio, ha messo Bonafede, ha messo scientemente, si e' circondato di un'intera banda di sodali di Palamara, banda che mette i brividi perche' il dottor B., che e' stato nominato al DAP senza avere nessuna esperienza, se non una discutibilissima gestione di un pentito. che era parente di sua moglie, addirittura portava lo stesso cognome con la moglie, quindi lui gestisce un pentito che porta lo stesso cognome di sua moglie, e' parente di sua moglie. quindi immaginiamo. Il dottor B. che come importante esperienza ha un disastro epocale che e' l'indagine sull'ENI quella di Tempa Rossa. Perche' dico disastro, perche' se arriva a far di mettere il Ministro Guidi con l'indagine Tempa Rossa e poi cosa succede all'indagine sull'ENI? Viene archiviata. Non vengono assolti, che ci sta nel gioco delle parti tra difesa e accusa in Tribunale si vince che eh si perde se uno non e' bravo a dimostrare i fatti o se gli avvocati sono bravi a dimostrare la innocenza dei loro clienti e' evidente che si puo' perdere. E ci sta una soluzione no no qua non si e' arrivati al dibattimento qua la stessa procura che ha fatto un disastro facendo dimettere persino un ministro ad un certo punto ha detto che non c'e' nulla prendo e archivio. Ora voi vi rendete conto che un soggetto che ha gestito questa indagine sull'ENI e poi viene nominato capo del DAP viene premiato lascia sorgere dei sospetti gravissimi su come sia arrivato al DAP, su cosa il DAP per questa persona, che e' un cambio di status non indifferente. Considerate che passa da uno stipendio di 80-90 mila euro/anno ad uno stipendio di 320 mila euro/anno che manterra' a vita sta pensionabile. A me sembra un premio. Io sto presentando un'interrogazione per capire che cosa vuoi dire archivio un'inchiesta per l'ENI e come premio mi danno il DAP? E' legittimo sospettare che dietro ci sia un 'do ut des'. Noi non lo sappiamo io mi auguro che non sia cosi'. Pero' e' strana questa nomina di questo soggetto. Toscano: a proposito di questo, scusi se la interrompo, senatore Giarrusso: mi faccia dire una cosa Toscano: si prego Giarrusso: nelle settimane scorse sospetto che vi sia stata una trattativa stato mafia di nuovo e di nuovo partendo dalle carceri perche' c'e' stata una vera insurrezione ordinata dentro le carceri che si sono rivoltate queste carceri dei detenuti hanno fatto una rivolta in contemporanea in decine di istituti di pena. Come si fa a coordinarsi fra gente ristretta in carcere in decine di istituti di pena. E' chiaro questo lo fa la criminalita' organizzata ma non basta la rivolta ci sono stati 13 morti una cosa incredibile, danni per decine 30 o 40 milioni di euro di danni alle strutture 70 detenuti evasi e la risposta di B. dello Stato qual e' stata? Non la fermezza che bisognava dimostrare contro la criminalita' organizzata ma sono stati 8000 scarcerazioni di cui 500 mafiosi. Ora questo legittima i cittadini a pensare che qualcuno sia andato nelle carceri anche qua sto presentando un'interrogazione per sapere che cosa ci faceva B. da Zagaria. Prima della scarcerazione di Zagaria era andato a trovarlo in carcere e non c'era andato da solo c'e' andato accompagnato da un'altra persona che era del GOM che non era con la polizia penitenziaria e chi era quest'altra persona che lo accompagnava da Zagaria? e perche' e' andato da Zagaria? C'e' stata una trattativa qualcuno ha detto ai mafiosi va bene che cosa volete per finirla con la rivolta nelle carceri? Volete una scarcerazione? E ve la diamo. Ed e' uscita la famigerata circolare numero 21, circolare che venne firmata di sabato al Ministero della giustizia. Voi pensate se qualcuno va di sabato al Ministero della giustizia, a stento trova l'usciere no qualcuno che lavora. Invece la' febbrilmente lavoravano per tradire lo Stato mettono in piedi questa circolare, da questa circolare ne viene delle cose, ne vengono fuori delle mail cose orripilanti. Cosi' i mafiosi sono stati scarcerati nemmeno su propria domanda, ma su domanda dei direttori delle carceri. Ci sono 62 mafiosi scarcerati o che hanno rischiato di essere scarcerati, no su domanda dei loro avvocati, ma su domande della stessa direzione delle carceri. Vi faccio un solo nome che per me che sono siciliano e' gravissimo, stiamo parlando di Nitio Santapaola il nr. 2 di «cosa nostra siciliana», che il direttore del carcere dove era detenuto ha fatto domanda al giudice di sorveglianza per farlo uscire perche', perche' ha il diabete? Perche' ha il diabete? Liberiamo il numero 2 di cosa nostra dalla stravista mafiosa di cosa nostra? Ma siamo impazziti? E qualcuno, e qualcuno non vede che si entra trachiggiato sotto il proprio naso? Perche' questo e' successo qualcuno ha trattato e' andato nelle carceri a chiedere va bene, che cosa volete? Ecco, accontentati. ... omissis ... Giarrusso: quando e' intervenuto Bonafede dopo 500 scarcerazioni? Ci sono volute 500 scarcerazioni, ma nemmeno 1000 scarcerazioni bastavano. Bonafede e' intervenuto quando ha visto a rischio la sua poltrona e allora ha sacrificato quattro della banda Palamara, buttandoli giu' dal castello, come si suol dire, mandandoli a casa tra cui B. e ha fatto tre interventi per decreti no uno, tre per cercare di chiudere le porte quando ormai i buoi erano scappati». Osserva In data 9 novembre 2022, il P.M. in sede formulava richiesta di archiviazione del procedimento a carico di Giarrusso Mario Michele, indagato per diffamazione ai danni di B. F. Il P.M., in particolare, riteneva di non poter esercitare l'azione penale, in ragione dell'applicabilita' alla fattispecie in questione dell'art. 68, comma I, Cost. e, quindi, per la presenza di una causa di esclusione della punibilita'. B. F. proponeva opposizione e chiedeva la formulazione dell'imputazione coatta ovvero, in subordine, di sollevare dinanzi alla Corte costituzionale conflitto di attribuzioni tra i poteri dello Stato ai sensi dell'art. 134, secondo alinea. Il GIP fissava udienza ex art. 409 cpp in data 26 maggio 2023 e Giarrusso Mario Michele presentava una memoria ex art. 121 cpp, in cui chiedeva l'applicazione della garanzia costituzionale della insindacabilita' parlamentare e, quindi, l'accoglimento della richiesta di archiviazione formulata dal P.M. All'udienza del 26 maggio 2023, il GIP riservava ogni decisione sulla vicenda, avendo assicurato il pieno ed effettivo contraddittorio tra le parti sul punto relativo all'ambito della pretesa insindacabilita' delle opinioni espresse dal senatore Mario Michele Giarrusso. Con ordinanza del 14 giugno 2023, il GIP, rilevato che il Senato della Repubblica, di cui il Giarrusso era membro al momento delle esternazioni del 27 maggio 2020, non risultava essere stato ancora investito della questione, sospendeva la decisione e trasmetteva copia degli atti al Senato della Repubblica, ai sensi dell'art. 3 della legge n. 140/2003, affinche' quel ramo del Parlamento deliberasse in ordine all'applicabilita' dell'art. 68, comma I, Cost., in quanto riteneva insussistente la ricorrenza dei presupposti applicativi della causa di non punibilita' con riferimento alle manifestazioni di pensiero oggetto di contestazione. La Giunta per le immunita' parlamentari, ha ritenuto sussistenti i presupposti per l'applicazione dell'art. 68 della Costituzione nella seduta del 14 febbraio 2023, cui ha fatto seguito la relazione del Senatore Scalfarotto comunicata alla Presidenza il 28 febbraio 2023 - doc IV-quater n. 2. In data 28 giugno 2023, accogliendo la proposta della Giunta delle elezioni e delle immunita' parlamentari, il Senato deliberava che «il fatto per il quale l'ex senatore Mario Michele Giarrusso ha ricevuto l'istanza di mediazione concerne opinioni espresse da un membro del Parlamento nell'esercizio delle sue funzioni e pertanto vige nel caso di specie la garanzia costituzionale di insindacabilita' di cui all'art. 68, primo comma, della Costituzione». E' da notare che sia la Giunta, che l'Assemblea hanno considerato e deciso assieme le questioni relative all'ambito di applicazione dell'art. 68, comma I della Cost. per le dichiarazioni del Senatore Mario Michele Giarrusso, pendenti dinanzi all'organismo di mediazione civile Ex Aequo adr di Potenza e dinanzi questo Ufficio GIP al citato registro notizie di reato 8374/2022 RGNR. Cio' e' da precisare in quanto il Presidente ha errato nell'indicare la votazione nominale con scrutinio simultaneo sulla sola vicenda di possibile responsabilita' civile (Senato della Repubblica, resoconto stenografico 82ª seduta, mercoledi' 28 giugno 2023, pag. 49), malgrado la proposta della Giunta si riferisse anche al presente procedimento penale. Qui non si fa questione se la considerazione unitaria del procedimento di mediazione civile e della vicenda penale sia legittima o meno, alla stregua del diritto parlamentare e delle precisazioni al tempo fornite da Corte costituzionale n. 1150/88: questo giudice non conosce, infatti, l'oggetto e le parti del procedimento di mediazione incardinato dinanzi alla Ex Aequo di Potenza e, quindi, non puo' nemmeno contestare la regolarita' formale dell'iter seguito presso il Senato della Repubblica. Ci si limita, pertanto, a valutare l'influenza della citata deliberazione 28 giugno 2023 sul doveroso esercizio da parte di questo giudice della funzione giurisdizionale. La suddetta deliberazione del Senato della Repubblica preclude infatti al GIP presso il Tribunale di Catania l'esame nel merito sul possibile carattere di illecito delle dichiarazioni contestate al senatore Giarrusso. non rendendo possibile accertare, senza il previo annullamento della deliberazione da parte della Corte costituzionale e/o comunque la dichiarazione sulla «non spettanza al Senato del potere in concreto esercitato, se nella specie ricorrano o meno i presupposti del reato contestato allo stesso parlamentare. La deliberazione parlamentare in oggetto inibisce infatti l'esercizio della funzione giurisdizione e rende insindacabili sotto qualunque profilo le dichiarazioni dell'indagato. Per la giurisprudenza costituzionale tale sindacato e', tuttavia, precluso legittimamente al giudice ordinario solo in presenza di un nesso funzionale tra le dichiarazioni rilasciate dal parlamentare e specifici atti compiuti nell'esercizio delle medesime funzioni parlamentari. L'eventuale assenza di tale nesso funzionale determina quindi l'illegittimita' della deliberazione parlamentare e la necessita' a carico dell'organo giurisdizionale procedente di sollevare il conflitto di attribuzioni, al fine di ottenere da parte della Corte costituzionale la dichiarazione circa la spettanza del potere esercitato ed eventualmente l'annullamento della deliberazione del Senato della Repubblica, che preclude al GIP presso il Tribunale di Catania il sindacato sul merito delle dichiarazioni oggetto dell'imputazione. Va al riguardo ricordato, alla luce di quanto desumibile dai principi esposti dalla sentenza n. 379 del 1996 della Corte costituzionale, come l'immunita' costituisca strumento per assicurare l'autonomia e la liberta' delle Camere e come dunque essa, correlativamente, non possa considerarsi espressione di un privilegio spettante alla persona del parlamentare, ma appunto uno strumento di cui il parlamentare si avvale nell'esercizio e nei limiti dell'esercizio delle relative funzioni, sul quale riposa la relativa ratio giustificativa (sul punto si rinvia anche a Corte cost. n. 81 del 1975, che affronta il tema connesso dell'immunita' riconosciuta dall'art. 122 Cost. in relazione alle attribuzioni dei consiglieri regionali; ma le decisioni al riguardo sono tante). Tale individuata ratio giustificativa e' stata, con costante indirizzo, confermata dalla Corte costituzionale, anche al fine di definire i limiti dell'immunita', in relazione a manifestazioni suscettibili di piu' incerta classificazione. Dopo le sentenze n. 10 e n. 11 del 2000, il Giudice costituzionale ha avuto modo di ribadire le proprie valutazioni anche a seguito dell'entrata in vigore della legge n. 140 del 2003, avente la funzione di dare concreta attuazione al principio sancito dall'art. 68 Cost. Il richiamo, ivi espresso a varie tipologie di attivita' parlamentari si e' accompagnato al riferimento ad attivita' non specificamente tipizzate, qualificate dalla connessione alla funzione di parlamentare, comunque espletata anche al di fuori della sede parlamentare. In tal senso, e' stato da un lato rilevato come la legge n. 140 del 2003 non si pone al di fuori dei limiti costituzionali nella misura in cui da' attuazione al principio espresso dall'art. 68 Cost., incentrato sullo stretto collegamento con le funzioni (Corte cost. n. 120 del 2004); e, dall'altro, si affermato che l'insindacabilita' e' «... una "qualita'" che caratterizza, in se' e ovunque, la opinione espressa dal parlamentare, la quale, proprio per il fondamento costituzionale che la assiste, e' necessariamente destinata ad operare, oggettivamente e soggettivamente, erga omnes» (sentenza n. 194 del 2011). In altri termini, dalla riscontrata sussistenza del nesso funzionale ad opera della deliberazione assembleare consegue, quale «deroga eccezionale [...] alla normale esplicazione della funzione giurisdizionale (sentenza n. 265 del 1997), l'insindacabilita' di quell'opinione, quale che sia la sede in cui il parlamentare sia (o eventualmente sara') chiamato a risponderne» (da Corte cost. n. 59 del 2018). Nel segnalare come la legge ordinaria non possa creare ex novo prerogative a vantaggio del parlamentare, diverse ed ulteriori rispetto a quelle risultanti dal vigente assetto delineato dalla Costituzione, la Corte costituzionale (Corte cort. n. 262 del 2009) ha avuto modo di notare che le immunita' si inquadrano nel genus degli istituti diretti a tutelare lo svolgimento delle funzioni di organi costituzionali, sostanziandosi nella protezione di persone munite di status costituzionale, tale da sottrarle all'applicazione delle regole ordinarie: tali prerogative, che possono assumere diverse forme e denominazioni, sono comunque dirette a garantire l'esercizio della funzione derogando al regime giurisdizionale comune. Su tali basi l'inquadramento giuridico dell'immunita' non puo' prescindere dal piu' ampio percorso compiuto dal Giudice costituzionale al fine di delineare la sfera di autonomia delle Camere anche nella classificazione dell'attivita' dei parlamentari, al di fuori delle categorie del diritto comune. Considerando che l'immunita' riguarda non solo la sfera di operativita' del diritto penale, ma piu' in generale concerne l'ambito della responsabilita', sia essa penale, civile o disciplinare, la classificazione dogmatica dell'istituto non risulta agevole. Appare infatti nel contempo arduo parlare da un lato in termini totalizzanti di incapacita' penale, a fronte di un ambito comunque piu' esteso di irresponsabilita', e dall'altro in termini riduttivi di mera causa di non punibilita', riflettente il dato dell'esonero da sanzione penale (V. ampiamente Cass. sent. n. 40347 del 2 luglio 2018, Berlusconi). In tal senso «la nozione di incapacita' penale, intesa quale incapacita' di divenire centro di imputazione di situazioni giuridiche rilevanti nel sistema penale, non esprime adeguatamente il fenomeno delineato dalla Corte costituzionale, che inerisce all'esercizio delle funzioni e non coinvolge di per se' la persona del parlamentare, il quale puo' nondimeno essere soggetto a sindacato ove operi all'esterno di quelle funzioni o in violazione dei limiti ad esse inerenti. D'altronde la nozione di causa di non punibilita' non coglie il complesso fenomeno che e' alla base di tale non punibilita', non costituente mero esonero da pena, ma convergente risultato di due profili diversi, cioe', da un lato, l'agire con liberta' dei fini e senza vincolo di mandato e, dall'altro, l'agire in un quadro costituzionale che non tollera la sua classificazione secondo le regole del diritto comune, ove non emergano frazioni esterne di quell'agire ovvero il coinvolgimento di beni ulteriori o di terzi. Cio' significa che la immunita' costituisce in primo luogo il risultato di una causa di imperscrutabilita' dell'attivita' del parlamentare, la quale solo ove posta in essere in violazione dei limiti ad essa propri, in quanto parimenti di rango costituzionale, ovvero tale da non esaurire in se' l'esercizio della funzione o da coinvolgere beni ulteriori, ad essa esterni, risulta classificabile secondo il diritto comune e dunque anche secondo il diritto penale» (ibidem). In ogni caso, l'effetto finale risulta quello dell'esonero da responsabilita'. In tal senso puo' condividersi quanto costituisce il risultato di una lunga elaborazione della giurisprudenza di legittimita' in sede civile (Cass. civ. Sez. U. n. 5756 del 12 aprile 2012; Cass. civ., Sez. U. n. 153 del 18 marzo 1999) secondo cui l'immunita' da' luogo ad una causa personale di' esonero da responsabilita', ma con la precisazione che tale esonero ha alla sua origine l'esercizio di funzioni che sono intrinsecamente insindacabili e non classificabili, salvo il coinvolgimento di funzioni o beni ulteriori di rango costituzionale. Sotto il profilo penale si registra in prevalenza l'affermazione che l'immunita' da' luogo ad una causa di non punibilita' (Cass., n. 2384 del 26 novembre 2010, dep. nel 2011, Napoli; Cass. Sez. 5, n. 43090 del 19 settembre 2007, Vendola; Cass., Sez. 5, n. 8742 del 21 aprile 1999, Sgarbi), solo in un caso essendosi affermato che ricorrerebbe una causa di giustificazione (Cass., Sez. 5, n. 38944 del 27 ottobre 2006, Boccassini), incidente sull'illiceita' del fatto. In tal senso e' venuto in rilievo il riferimento alla causa di non punibilita', che non impedisce di valutare il contenuto di illiceita' insito nell'azione esterna all'esercizio delle funzioni parlamentari, le quali - al di la' della non punibilita' del soggetto - non possono dirsi a priori immuni dal riscontro di offensivita' (anche se in concreto potra' talvolta operare l'ulteriore scriminante dell'esercizio del diritto di cronaca: sul punto si rinvia a quanto osservato da Cass., Sez. Unite, n. 37140 del 30 maggio 2001, Galiero, rv. 219651). Di guisa che non sara' mai predicabile di insindacabilita' tale frazione esterna, ma solo il contenuto inerente all'esercizio della funzione, con la conseguenza che, ove tale frazione esterna possa dirsi integrare un fatto illecito, classificabile dal diritto comune, il parlamentare non potra' andare immune da responsabilita': in tal caso, assume rilievo non tanto l'immunita' in se', quanto l'autonomia delle Camere, cui anche l'immunita' va ricondotta, imponendo l'insindacabilita' e la non classificabilita' della condotta, che rientri nell'esercizio della funzione, ma non precludendo la classificazione e l'eventuale perseguibilita' della frazione esterna, in primo luogo a carico del soggetto estraneo alle funzioni parlamentari. Va rimarcato come la stessa Corte costituzionale nella fondamentale sentenza n. 379 del 1996, abbia rilevato che «nel sistema costituzionale, in conclusione, si delinea in maniera immediata e certa il confine tra l'autonomia del Parlamento e il principio di legalita'. Allorche' il comportamento di un componente di una Camera sia sussumibile, interamente e senza residui, sotto le norme del diritto parlamentare e si risolva in una violazione di queste, il principio di legalita' ed i molteplici valori ad esso connessi, quali che siano le concorrenti qualificazioni che nell'ordinamento generale quello stesso comportamento riceva (illegittimita', illiceita', ecc.), sono destinati a cedere di fronte al principio di autonomia delle Camere e al preminente valore di liberta' del Parlamento che quel principio sottende e che rivendica la piena autodeterminazione in ordine all'organizzazione interna e allo svolgimento dei lavori. Se viceversa un qualche aspetto di tale comportamento esuli dalla capacita' classificatoria del regolamento parlamentare e non sia per intero sussumibile sotto la disciplina di questo (perche' coinvolga beni personali di altri membri delle Camere o beni che comunque appartengano a terzi), deve prevalere la "grande regola" dello Stato di diritto ed il conseguente regime giurisdizionale al quale sono normalmente sottoposti, nel nostro sistema costituzionale, tutti i beni giuridici e tutti i diritti (artt. 24, 112 e 113 della Costituzione)». Nel quadro cosi' delineato, si e' ritenuto come l'immunita' parlamentare ex art. 68, comma primo, Cost., essendo limitata agli atti e alle dichiarazioni che presentano un chiaro nesso funzionale con il concreto esercizio dell'attivita' parlamentare, operi, quanto alle dichiarazioni «extra moenia», solo quando queste presentino una sostanziale coincidenza di contenuti con quelle rese in sede parlamentare e siano cronologicamente successive alle dichiarazioni cosiddette «interne» (Cass., n. 21320 del 6 maggio 2014, P.C. in proc. Gasparri), e dunque un nesso funzionale con il concreto esercizio delle funzioni, anche se svolte in forme non tipiche o «extra moenia», purche' identificabili come espressione dell'esercizio funzionale (Cass., Sez. 5, n. 2384, cit.) a tanto non essendo sufficiente ne' la comunanza di argomenti, ne' un mero contesto politico cui possano riferirsi (Cass., Sez. 5, n. 22716 del 4 magio 2010, Marengo). Le dichiarazioni del Senatore Giarrusso, rese nel corso di una trasmissione televisiva e riprese su un canale on-line, paiono rientrare tra quelle extra moenia. ln questa sede, infatti, il giudizio di questo Giudice per le indagini preliminari deve limitarsi alla delibazione della vicenda ai soli fini dell'astratta configurabilita' quale illecito della fattispecie contestata al parlamentare. Da qui il carattere appunto provvisorio delle considerazioni sulla vicenda in fatto e sulla possibile sua riconduzione alla fattispecie di reato contestata, quale si potra' accertare solo in sede di esame nel merito della stessa vicenda. Il profilo oggi da considerare attiene solo allo stretto nesso funzionale tra le dichiarazioni del senatore Giarrusso e l'esercizio delle funzioni parlamentari. La Giunta per le immunita' parlamentari, nella relazione trasmessa all'Aula e poi da questa approvata, ha ritenuto sussistenti i presupposti per l'applicazione dell'art. 68 della Costituzione fondandosi su un intervento del senatore Giarrusso che nell'interrogazione a risposta scritta del 28 maggio 2020, ricordava le dimissioni di alcuni dirigenti del Ministro della giustizia, tra i quali il dottor F. B. ed ipotizzava un legame tra le rivolte nelle carceri e le scarcerazioni avvenute in seguito. L'interrogazione si concludeva con le seguenti richieste al Ministero della giustizia: «se il Ministero in indirizzo fosse informato dell'incontro di B. con il boss Michele Zagaria e dell'oggetto dello stesso, se fosse informato della presenza di uno terza persona all'incontro; se possa indicare l'identita' della stessa persona presente all'incontro e se lo stessa faccia parte o meno dei servizi: se possa rendere noti eventuali altri incontri del capo del DAP con boss mafiosi: se sia a conoscenza dello svolgimento di una qualche trattativa tra il DAP e i detenuti rivoltosi al fine di far cessare le rivolte nelle carceri e se si', quale sia il contenuto della e se la circolare del DAP del 21 marzo 2020 sia stata emanata a seguito di tale trattativa». La Giunta ha ricordato che l'intervista a «Voxltaliatv» era del 27 maggio 2020 e, quindi, l'atto di sindacato ispettivo, pubblicato il 28 maggio 2020, era del giorno appena successivo a quello dell'atto extra moenia, con una sostanziale contestualita' tra le dichiarazioni e l'adozione di un atto tipico dell'attivita' parlamentare quale l'interrogazione. In via preliminare puo' essere notato che l'utilizzo del termine extra moenia - peraltro entrato nella giurisprudenza sul tema - non intende affatto richiamare il regime indicato dall'art. 51 dello Statuto albertino del 1848, il quale - come e' noto - faceva espresso riferimento alle «opinioni ... emesse ... nelle Camere». Risultava naturale in un ordinamento in cui la partecipazione politica era limitata ed i partiti politici ancora non presenti, allorquando insomma l'attivita' politica si svolgeva tra alcuni esponenti appartenenti in sostanza ad un unico ceto e che quindi si ritrovavano ad agire nei medesimi luoghi, prevedere l'immunita' riferita alla sede per ricomprendere alla fine l'attivita' politica. Eppero', allorche' la partecipazione politica si estese, apparvero i partiti ed di massa ed il confronto politico si esercito' in misura sempre piu' ampia nelle diverse articolazioni sociali, e' stato conseguente riferire l'immunita' (precisamente l'insindacabilita') all'attivita' e non piu' alla sede, come appunto ha fatto l'art. 68 Cost. (anche nella riforma del 1993). E' come se l'attivita' politica si fosse spostata dai luoghi parlamentari all'intero Paese: il che e' poi la dinamica indicata dal II comma dell'art. 3 Cost. L'espressione extra moenia allora, indica solamente l'inerenza delle dichiarazioni espresse dal parlamentare all'esercizio del mandato politico. Semmai, dalla ratio del «vecchio» art. 51 Statuto, ed il profilo sara' ripreso ancora in prosieguo, puo' essere ripresa e va fatta una distinzione circa i destinatari delle manifestazioni di pensiero dei parlamentari, giacche' vi e' motivo di differenziare le opinioni dei parlamentari che riguardano esponenti e soggetti politici, cioe' a dire «loro pari», in un confronto che talvolta puo' assumere toni personali particolarmente accesi, ma rimane all'interno di un ceto che si riconosce in fondo comune per l'appartenenza al medesimo contesto; dalle dichiarazioni rilasciate dai parlamentari riferite ad uomini e donne cd «comuni» estranei al circuito dell'attivita' politica. In questo senso la giurisprudenza costituzionale sul ed nesso funzionale da richiedere in maniera stretta tra opinioni del parlamentare ed esercizio delle relative funzioni pubbliche ha inteso contribuire alla formazione di un'interpretazione restrittiva dell'ambito dell'insindacabilita' per la necessita' di tutelare altri beni costituzionali primari. Non sembra a questo giudice che l'attivita' parlamentare svolta da Mario Michele Giarrusso con la presentazione dell'interrogazione, fatto addotto dalla Giunta a sostegno dell'insindacabilila' delle affermazioni oggetto dell'imputazione, integri una sostanziale corrispondenza con le opinioni espresse da Mario Michele Giarrusso si' da dover queste ultime essere considerate nell'esercizio delle funzioni di parlamentare ed integrare pertanto lo stretto nesso di collegamento funzionale richiesto da una nota e consolidata giurisprudenza costituzionale. Invero, in via preliminare non si ravvisa un legame di ordine temporale tra l'attivita' parlamentare e l'attivita' esterna, tale che questa venga ad assumere una finalita' divulgativa della prima; al contrario la presentazione dell'interrogazione ha fatto seguito alle dichiarazioni quasi a far rinvenire ex post la copertura alle stesse, sulla base della nota giurisprudenza costituzionale sul nesso funzionale adoperata quale regola di carattere - per cosi' dire - tecnico - volta a conseguire un determinato risultato. Inoltre, non risulta una sostanziale coincidenza/corrispondenza/assimilazione di significato tra le opinioni espresse e gli atti adottati (rectius: l'unico atto) nell'esercizio delle funzioni. Secondo, infatti, la giurisprudenza costituzionale ad integrare il richiesto nesso funzionale non e' sufficiente ne' un semplice collegamento tematico o una corrispondenza contenutistica parziale, ne' un mero «contesto politico» entro cui le dichiarazioni extra moenia possano collocarsi, (Corte costituzionale, 9 giugno 2015 n. 144/2015). Il mero «contesto politico» o comunque l'inerenza a temi di rilievo generale non valgono a connotare ex se le dichiarazioni quali esercizio della funzione parlamentare, laddove esse non costituiscano la sostanziale riproduzione delle specifiche e concrete opinioni manifestate dal parlamentare nell'esercizio delle proprie attribuzioni; in tal caso, infatti, le dichiarazioni non rappresentano il riflesso del peculiare contributo che ciascun parlamentare apporta alla vita democratica mediante le proprie opinioni e i propri voti, ma una ulteriore e diversa articolazione di siffatto contributo, elaborata ed offerta alla pubblica opinione nell'esercizio della libera manifestazione del pensiero assicurata a tutti dall'art. 21 della Costituzione (Corte costituzionale, 4 maggio 2007, n. 152). In altri termini, l'attivita' parlamentare e' stata successiva alle dichiarazioni rilasciate nell'intervista del 27 maggio 2020 e, quasi, diretta a «riportare» nell'ambito dell'insindacabilita' ex art. 68 Cost. precedenti espressioni utilizzate nel «comune» «mercato delle idee», in relazione al quale valgono i «comuni» principi di riconoscimento della liberta' di manifestazione del pensiero, ma anche i relativi limiti a tutela di beni costituzionalmente rilevanti. L'accusa rivolta alla persona offesa di gravi e specifici fatti - vale a dire l'avere partecipato ad una trattativa Stato - mafia, l'avere a tal fine incontrato il boss camorrista Michele Zagaria, l'essere privo di adeguate esperienze professionali per ricoprire la carica di direttore del DAF e, ciononostante, di essere stato nominato con uno stipendio annuo di 320.000 euro, mantenibile anche dopo la cessazione dall'ufficio, l'avere adottato provvedimenti che, in ragione dell'emergenza COVID, avevano consentito la scarcerazione di 8.000 detenuti, tra cui 500 mafiosi - appare a questo giudice (sempre nei limiti della delibazione richiesta nella presente sede) non connessa se non artificiosamente all'attivita' parlamentare dell'odierno indagato. Le affermazioni dell'indagato non rappresentano il riflesso del peculiare contributo che ciascun parlamentare apporta alla vita democratica mediante le proprie opinioni e i propri voti - contributo coperto dalle guarentigie di cui all'art. 68 della Costituzione -, ma rientrano nell'esercizio della libera manifestazione del pensiero assicurato a tutti dall'art. 21 della Costituzione. La copertura offerta alla manifestazione del pensiero dall'art. 21 della Costituzione, pero', a differenza di quella offerta dall'art. 68 (posto a tutela delle istituzioni parlamentari nel loro complesso e non per garantire privilegi personali ai singoli componenti) non impedisce l'esame delle affermazioni ritenute lesive dalla persona offesa, da parte del giudice ordinario, al fine di verificare se le stesse rientrino nel diritto di critica o lo trascendano confluendo in una fattispecie delittuosa, quale quella contestata all'odierno indagato. In realta', la garanzia prestata ai parlamentari dall'art. 68 Cost. non da' luogo ad un istituto in contrapposizione al regime spettante a tutti i soggetti (cittadini e non) dall'art. 21 Cost. L'insindacabilita' dell'art. 68 e' una liberta' di manifestazione del pensiero qualificata e dal contenuto piu' esteso rispetto a quella riconosciuta a tutti gli altri soggetti. Ma il fenomeno non e' certo inconsueto: si pensi solo al diverso regime della stampa ed generalista rispetto a quella d'inchiesta, oppure - su altro piano - al diverso atteggiarsi dei confini tra liberta' di informazione e diritto di privacy in relazione a persone prive di rilievo sociale e persone, al contrario, note al pubblico perche' impegnate nel mondo politico o, addirittura, nel settore dello spettacolo. Od ancora, per riferirsi a previsioni costituzionali, alla liberta' di insegnamento riconosciuta ai docenti universitari dall'art. 33 Cost., la quale certamente integra un'ipotesi di liberta' qualificata rispetto a quella di manifestazione del pensiero garantita a tutti dall'art. 21. In tutti questi casi la manifestazione del pensiero incontra limiti diversi, ma secondo una logica di continuita'. L'irresponsabilita' dei parlamentari ex art. 68 Cost. segna certo una linea avanzata di liberta' di manifestazione del pensiero, ma la stessa deve mantenersi collegata da un nesso intrinseco all'esercizio delle funzioni politiche e non puo' tracimare in attacco personale alla dignita' eli altri soggetti, sino a ledere il patrimonio personale di questi ultimi. Deve essere ricordato che se l'ordinamento costituzionale, anche a seguito della riforma del 1993, contiene l'art. 68. e quindi sancisce l'irresponsabilita' dei parlamentari per le dichiarazioni rese nell'esercizio delle funzioni, per altro verso contiene tra i principi fondamentali il riconoscimento dei diritti inviolabili riferiti ad ogni persona dall'art. 2 Cost. e la «pari dignita'» di tutti i cittadini ai sensi dell'art. 3 Cost.: valori i quali, se non prevalenti, non debbono in ogni caso essere annichiliti. In tal caso si ritornerebbe ad una sorta di privilegio personale in capo ad alcuni soggetti, solo perche' rivestiti dello status di parlamentare, malgrado l'art. 54 Cost. richieda agli stessi di svolgere le rispettive funzioni con dignita' ed onore. Anzi, al riguardo va approfondita la riflessione all'insegna della previsione costituzionale da ultimo ricordata e cioe' che se l'insindacabilita' parlamentare per le opinioni espresse integra una fattispecie di liberta' maggiormente qualificata rispetto alla generale liberta' di manifestazione del pensiero riconosciuta a tutti, per altro verso l'attribuzione ai parlamentari di tale (piu') ampia liberta' incontra l'obbligo del suo esercizio secondo i canoni di «disciplina ed onore» che si richiedono ai cittadini cui «sono affidate funzioni pubbliche», ed i quali richiedono che per l'appunto chi e' attributario di un munus pubblico non ne approfitti per ledere altri beni di rilievo costituzionale, quale e' la dignita' personale (riferita a tutti gli uomini e le donne) che gli artt. 2 e 3 Cost. riconoscono essere a fondamento della vita sociale (ma v. anche art. 27 e 32) In altri termini, l'ampliamento della sfera di liberta' a favore dei parlamentari non puo' tradursi in un privilegio che consenta loro di esprimere le opinioni piu' varie senza limiti ed in lesione dell'altrui dignita', ma al contrario il titolare di una carica costituzionale deve tener conto del «peso» che le sue dichiarazioni assumono nei confronti dei comuni cittadini ed in generale dei soggetti estranei al confronto politico e, pertanto, allo stesso titolare si richiede un esercizio misurato ed accorto del potere di esternazione. Viene in rilievo a tal proposito la cennata e necessaria distinzione da operare a seconda che la dichiarazione riguardi esponenti politici ovvero altri soggetti, estranei alla competizione politica, non altrimenti qualificati sotto il versante, per cosi' dire, sociale e della visibilita' nell'opinione pubblica ovvero impegnati solo in un'attivita' lavorativa a mezzo della quale partecipano all'organizzazione del Paese (art. 3 e 4 Cost.). Le persone estranee all'agone politico non hanno, infatti, mezzi di' tutela della propria dignita' analoghi a quelli nella disponibilita' degli esponenti politici (se non altro per la facilita' di accesso ai mezzi di comunicazione). Per tutto questo vanno distinte le dichiarazioni dei parlamentari funzionali alla rispettiva attivita' ed in quanto tali insindacabili, perche' non integranti alla fine alcun illecito, da quelle che prive di alcun nesso funzionale (anche per i destinatari delle medesime dichiarazioni) sono estranee all'ambito di operativita' del mandato parlamentare: negli stessi termini puo' citarsi sempre Corte costituzionale n. 154/2004 a proposito dell'irresponsabilita' del Presidente della Repubblica, malgrado riguardo tale organo manchi una procedura simile a quella stabilita dalla legge n. 104/2003 sulla scorta dell'art. 68 Cost. Le dichiarazioni del senatore Mario Michele Giarrusso rilasciate a carico del dott. F. B. il 27 maggio 2020 risultano per questo estranee all'ambito di operativita' dell'art. 68 Cost. per il tempo in cui sono state fatte, per le modalita' e per contenuti, nonche' per il destinatario delle medesime. L'offensivita' delle citate dichiarazioni sotto il profilo penale andra', invece, valutata solo nell'eventuale giudizio di merito a seguito della decisione della Corte costituzionale. Deve essere pertanto sollevato conflitto di attribuzioni nei confronti del Senato della Repubblica, in quanto la deliberazione adottata dallo stesso in data 28 giugno 2023 ha illegittimamente sottratto all'autorita' giudiziaria il potere di decidere in ordine al reato contestato a Mario Michele Giarrusso.